venerdì 9 dicembre 2011

Donna non rieducabile

Il video del nostro spettacolo "Donna non rieducabile", con protagonista Ottavia Piccolo, è stato pubblicato sul sito e-theatre.it.

mercoledì 23 novembre 2011

Online il sito di Sergio Fantoni







E' in rete il sito di Sergio Fantoni. Un sito di parole e immagini, con un ricco archivio che ripercorre la lunga carriera di Sergio Fantoni nel mondo del teatro, del cinema, della televisione e della radio.

www.sergiofantoni.it

venerdì 25 marzo 2011

Sulla via di Damasco?

di Fioravante Cozzaglio
24.3.2011

La recente conversione di Tremonti (veni, vidi, capii) è un atto di propaganda più che un vero atto politico. Copre infatti con il ricorso alle accise sulla benzina e con la bella cifra di 239 milioni di euro una frattura che poteva risultare insanabile tra questa compagine di governo e tutto il mondo dello spettacolo, che si stava pericolosamente allineando alle analoghe proteste della scuola, della ricerca, dei beni culturali, sia pure con la lentezza e la timidezza che gli è consueta. Non copre in nessun modo la necessità di chiarire quale è il progetto di questo governo nei confronti di un settore che esprime, attraverso la sua organizzazione aziendale e il suo respiro economico diffusi in tutto il paese, una capacità di rappresentanza sociale e culturale non secondarie neanche a livello europeo.

Il risultato della improvvisa conversione è quindi quello di evitare il fallimento di molte delle aziende dello spettacolo che ricevono dal Fus una parte dei loro introiti; non è, e non poteva essere, quello di mettere mano a una sistemazione un po’ meno provvisoria del nostro problema.

Che prospettiva diamo al settore? Che riforme intendiamo sostenere? Quali sprechi sociali intendiamo correggere, visto che dello spreco si è fatta una parola d’ordine con cui si è martellata l’opinione pubblica? Alla luce di questa considerazione le reazioni a cui stiamo assistendo in queste ore mi sembrano anch’esse di sapore propagandistico. La prima e più mistificatoria proviene dalla stessa area politica del governo che ha emanato il provvedimento: “Grazie a Moretti e C. aumenta la benzina”. Lo stesso Letta ha detto un po’ ambiguamente, in sede di presentazione del decreto, che “tutti gli italiani saranno ben lieti di fare questo minimo sacrificio, vista l'importanza della sua destinazione”. Gli italiani sarebbero stati altrettanto e forse più contenti se per aiutare il teatro si fossero utilizzati i soldi che saranno spesi per il referendum differito, o meglio ancora quelli che il decreto mille proroghe ha fatto risparmiare a tutti i partiti politici cancellando le multe sulle affissioni abusive.

In realtà la benzina non è aumentata allo scopo di finanziare il Fus, la benzina è aumentata per finanziare la spedizione in Libia, l’assistenza agli emigranti, ecc. e anche naturalmente il Fus. Lo testimoniano le mille motivazioni con cui nel tempo sono state costruite le accise sulla benzina. Ma la prontezza con cui si è fatto quel titolo di giornale e con cui si è sintetizzato il fatto prova che rimane tra certe zone della politica e il mondo dello spettacolo un’acrimonia che non si ha il coraggio e la voglia di risolvere o di sanare.

Le scontentezze che provengono dal nostro mondo hanno invece un segno diverso: risentono di un clima di incomprensione tra rappresentanti e rappresentati, di gara a chi ha contato di più nell’ottenere il risultato ( gli artisti? Le associazioni? Il sindacato?), di competizione tra sigle che forse dovrebbero imparare a lavorare insieme anziché farsi la guerra. Tutto questo non cambia però i fatti: da ieri una situazione pesantemente debitoria è stata in parte risanata, da domani tocca a chi ha idee, responsabilità, autorità e peso organizzativo costringere il nostro riluttante interlocutore a mettersi attorno a un tavolo a ragionare con noi.

giovedì 27 gennaio 2011

Dimostrazione aritmetica

Cari amici della Contemporanea, cari amici di tutto il teatro,

siccome ci siamo stancati delle semplificazioni che vanno per la maggiore ( quanti sprechi nella cultura! , la cultura non si mangia! , basta con gli interventi a pioggia! Basta con l’assistenzialismo di stato! e via dicendo) abbiamo provato a compilare una piccola dimostrazione aritmetica, rinunciando alle argomentazioni consuete e necessarie, ma che evidentemente non convincono nessuno di quelli che non vogliono essere convinti se non da fatti che non possono negare.

Allora prendiamo uno dei soggetti che dal 1983 viene assistito dallo stato, che ha certamente beneficiato di interventi a pioggia e che ha contribuito per ventotto anni a sprecare il denaro pubblico producendo spettacoli teatrali: la Contemporanea, per esempio (ma lo stesso ragionamento si potrebbe fare per altre imprese dello spettacolo e della cultura, nei settori più disparati).

Prendiamo come termine di riferimento l’ultimo anno contabilizzato, il 2010, anno nel quale la Contemporanea ha ricevuto dallo Stato, dopo due anni di tagli consecutivi, 362.250 euro.

Per vedere come li ha utilizzati, insieme agli incassi degli spettacoli che sono la maggior parte dei nostri proventi, dobbiamo prima dare conto della dimensione economica in cui ci muoviamo, cioè del numero di persone, di giornate lavorative e della quantità di compensi che sono stati erogati nel corso del 2010. Ecco i numeri che corrispondono a quanto è attestato nel nostro bilancio civilistico e nel nostro rendiconto al Ministero per i Beni Culturali:


Numero contratti col personale stipulati nell’annualità 38

Numero principali fornitori di materiali e servizi 13

Giornate lavorative artisti 1821

Giornate lavorative tecnici 1579

Compensi corrisposti agli artisti 432.344

Compensi corrisposti ai tecnici 321.448


Su questo personale e su questi compensi sono stati pagati i seguenti oneri sociali:


Oneri sociali pagati nell’annualità;

Enpals 213.743

Inps 18.700

Inail 11.868

Totale oneri sociali 244.311




Su tutta l’attività svolta e fatturata dalla Contemporanea sono state pagate le seguenti imposte, alcune delle quali attengono direttamente alla nostra società, altre sono quelle pagate per conto dei nostri lavoratori, ma provengono comunque dall’attività promossa dalla Contemporanea e confluiscono allo stesso modo delle prime nelle casse dello stato:



Imposte pagate nell’annualità

Iva come da fatturato 100.131

Irpef sui dipendenti 101.748

Ritenuta acconto sui professionisti 61.413

Irap 27.570

Ires 22.104

Addizionali regionali 5.573

Addizionali comunali 1.346

Vigili del fuoco 12.000

Totale imposte pagate nell’annualità 329.885


A questo punto avrete capito dove voglio arrivare: se sommiamo il totale degli oneri sociali pagati dalla Contemporanea nel 2010 al totale delle imposte pagate nello stesso anno a vario titolo, abbiamo la ragguardevole (per noi) cifra di 574.196 euro. Abbiamo scoperto in questo modo, facendo la differenza con il contributo dello stato, che attraverso la nostra attività non solo lo stato recupera lo “spreco” iniziale, ma gode di un saldo positivo di 211.946 euro.


Totale oneri sociali + Imposte 574.196 –

Totale contributo statale 362.250 =


Saldo a favore dello stato 211.946


Confesso che ho sempre avuto la certezza di questo meccanismo virtuoso, ma mettere in fila le cifre e vedere il risultato mi ha fatto una certa impressione. Soprattutto se a queste nude cifre si aggiunge il fatto che , come per ogni attività, anche per la Contemporanea esiste un indotto, fornitori che lavorano e consumano, aziende che intrecciano la loro attività con la nostra, alberghi, treni, aerei che si giovano dei nostri spostamenti, teatri che vengono tenuti in funzione grazie anche alla nostra attività, spettatori che si muovono per venirci a vedere, ristoranti che ospitano noi e loro, giornalisti che si occupano della nostra attività, ecc. ecc.

Che cosa voglio dimostrare con tutto questo? Che per uscire dall’angolo in cui ci hanno messo e ci siamo messi con le nostre mani per stanchezza e per mancanza di orgoglio intellettuale, dobbiamo darci la certezza del nostro diritto a vivere come organismi economicamente e culturalmente utili alla società, rimandando al mittente le parole d’ordine che ci vogliono far sentire tollerati e assistiti.