venerdì 26 marzo 2010

27 MARZO 2010 GIORNATA MONDIALE DEL TEATRO


Oggi, 27 marzo 2010, si celebra la Giornata Mondiale del Teatro. E' la prima volta per l'Italia. Nel resto del mondo invece succede già da 50 anni. Già questo meriterebbe una riflessione. Che valore ha, il Teatro, per il nostro paese? Che considerazione c'è per la nostra attività? Al di là degli impegni formali e delle dichiarazioni di intenti, poche e spesso dimenticate in fretta, vogliamo cogliere questa occasione per invitare tutti ad una riflessione più ampia cercando di inquadrare la condizione reale del nostro settore.

Quando parliamo di “teatro“ o di “spettacolo dal vivo” non stiamo parlando genericamente di “cultura” ma di oltre 4.000 aziende che occupano circa 250.000 addetti fra attori, registi, tecnici delle luci o della fonica, macchinisti, sarte, organizzatori, scenografi, costumisti, amministratori, cassiere, maschere di sala. 80.000 famiglie che vivono grazie al “teatro”.
Come imprese dello spettacolo paghiamo ogni anno retribuzioni per circa 750 milioni di euro e contribuiamo alla ricchezza nazionale versando ogni anno nelle casse dello Stato circa 600 milioni di euro tra oneri pensionistici, assistenziali, INAIL, IRPEF e IRAP.

Un volume d'affari complessivo di 4,7 miliardi di euro all'anno.

Le imprese dello spettacolo realizzano ogni anno circa 138.000 repliche di spettacoli teatrali attraverso una rete di oltre 1.200 teatri, cioè 1.200 luoghi di lavoro cui si aggiungono quelli delle compagnie. A tutto questo va poi aggiunto l'indotto, e cioè le imprese di costruzione di scene, sartorie, noleggi di luci e fonica, trovarobato: altri 40.000 addetti con le loro famiglie.

Per avere un'idea dell'importanza e della grandezza del nostro settore basta confrontarlo, per esempio, con il settore manifatturiero, che esprime 15.000 aziende e circa 500.000 addetti (appena il doppio del nostro settore). Oppure confrontarlo con il settore della lavorazione dei metalli, dove nelle grandi e medie imprese sono occupati circa 250.000 addetti, esattamente quanti ne abbiamo nello spettacolo.

Ma il nostro settore vanta anche dei primati: è il più controllato sia dal punto di vista fiscale sia dal punto di vista della salvaguardia della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Abbiamo avuto l'obbligo di installazione dei misuratori fiscali che sono collegati telematicamente con l'Agenzia delle Entrate che ogni sera conosce esattamente quanto è stato incassato (nessun altro settore ha subito questa decisione).
E per quanto riguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro siamo l'unico settore considerato pericoloso come una acciaieria. Infatti i teatri, poiché sono considerati a MEDIO RISCHIO INCENDIO, sono soggetti alla medesima normativa e ai medesimi obblighi cui devono sottostare aziende come la Thyssenkrupp. E' così che nei teatri da oltre 500 posti avvengono situazioni paradossali come la presenza di due squadre antincendio, una dei vigili del fuoco e una interna del teatro, con dei costi giornalieri insostenibili.

Nonostante tutto questo le imprese dello spettacolo, non solo non sono state inserite in nessuna lista dei settori produttivi riferiti alle PMI che hanno beneficiato di aiuti economici anticrisi, ma anzi -proprio perché larghi settori della politica non le considerano un settore produttivo, e qualcuno addirittura le considera un sistema parassitario- hanno visto i progressivi tagli del già esiguo FUS e il dimezzamento dei contributi da parte degli Enti pubblici.

Tagliare senza un progetto di rilancio significa mettere a rischio tutte le realtà produttive.

Nel 2009 il nostro settore ha perso 30.000 posti di lavoro.
30.000 nuovi disoccupati che non hanno meno dignità dei metalmeccanici, siderurgici o manifatturieri.

Proprio per questo chiediamo non solo il ripristino delle risorse destinate allo spettacolo, ma soprattutto una profonda riforma del sistema e delle regole che lo governano per una distribuzione più equa e trasparente sia a livello centrale che periferico.

Chiediamo leggi che si fondino sul rispetto delle condizioni dei lavoratori, e che sappiano valorizzare le realtà artistiche e professionali, base imprescindibile di questo settore.

E' da oltre mezzo secolo che attendiamo una nuova legge. E non sappiamo quanti anni ancora passeranno prima di averne una. Ma la condizione di emergenza nella quale ci troviamo non ci permette di aspettare ancora. Pertanto chiediamo con forza l'applicazione di almeno due provvedimenti urgenti che possono essere inseriti già nella prossima finanziaria:

 riconoscere le imprese di spettacolo come parte delle PMI e quindi permettere al nostro settore di usufruire degli aiuti anticrisi.

 Ridurre l'aliquota IVA sugli introiti da botteghino e sulla vendita degli spettacoli dal 10% al 4%

La prima richiesta non necessita di copertura economica e per la seconda sarebbe sufficiente aumentare l'aliquota IVA dell'editoria pornografica dal 4% al 10%.

Se queste richieste urgenti non venissero accolte il Governo dovrà rendere conto non solo ai 30.000 disoccupati del nostro settore, ma anche a molti altri, che in massa si riverseranno, come mine vaganti, nel mondo del lavoro.

Chiediamo a voi di considerare questa battaglia anche una vostra battaglia.

Un paese che si rifiuta di investire nella cultura e nell’arte non risparmia ma diventa inevitabilmente più povero. Una comunità che va a teatro, al cinema, ai concerti e che legge, acquisisce sempre più strumenti per scegliere, partecipare e immaginare.
E’ una comunità che si assume la responsabilità diretta della democrazia.

Forse l’arte non è la cosa più importante al mondo ma provate a immaginare un mondo senza arte.

Grazie.

Unione Regionale AGIS del Lazio

Nessun commento:

Posta un commento