Il ministro Bondi, quello che più di tutti gli altri dovrebbe avere a cuore e difendere il lavoro della gente dello spettacolo, si è preso la briga di scrivere a freddo una lettera per insultare i propri amministrati. Ora, lasciando perdere il fatto che è sempre cattiva politica quella di insultare i cittadini per cui si lavora, io credo che bisogna prendere sul serio e alla lettera quanto dicono gli altri, perché rivela non solo lo stato d’animo del momento, magari anche di legittimo disappunto, ma un non detto che ai miei occhi è la cosa più interessante. Quando il ministro si dichiara pentito “di aver previsto leggi che non contempleranno più l’accattonaggio dell’artista al politico” e “di aver reintegrato il Fus piuttosto che destinare quei fondi al patrimonio storico” dice due cose inesatte (perché tutte queste leggi per lo spettacolo dal vivo ancora non le abbiamo viste e perché il famoso reintegro è una toppa che lascia sempre il Fus mezzo azzoppato), ma soprattutto rivela una mentalità premoderna rispetto al ruolo che ricopre. Un ministro non è un mecenate che decide o non decide di fare elargizioni e Bondi non è papa Barberini che ha a che fare con uno stizzoso Bernini; un ministro moderno è o dovrebbe essere un uomo che si confronta col sistema produttivo di sua competenza, riconoscendogli dignità sociale e diritti e doveri adeguati. In altre parole il problema non è quello dell’elargizione, ma quello del riconoscimento di aver di fronte un sistema sociale appunto e non degli individui bisognosi. Il ministro Bondi, e il governo a cui appartiene, deve dire non se ritiene personalmente opportuno finanziare questo o quell’artista più o meno servile, ma se ritiene di avere a che fare con un settore produttivo adeguato alla società in cui viviamo. Io personalmente credo che gli artisti italiani dello spettacolo siano lavoratori socialmente utili, almeno tanto quanto quelli che questo governo ha finanziato così volentieri in Sicilia (Lsu siciliani, 100 milioni di euro); che essi facciano onore all’Italia nel mondo, da Ronconi a Tornatore a Muti al mio amico Francesco Zecca che nessuno ancora conosce ma che nondimeno è uno splendido attore; che gli artisti alle volte sono anche servili, perché sono più consapevoli di altri della precarietà della loro posizione, ma in compenso sanno regalare ai loro simili emozioni importanti per la loro esistenza e per la loro coesione sociale, cosa che non sempre la politica sa fare. Ma la vera questione, quella che è implicita nella lettera del ministro Bondi, è se questo governo è convinto o no di avere a che fare con un sistema produttivo e artistico adeguato e utile per il paese in cui viviamo: se pensa di no, lo dica chiaramente e affronti le conseguenze di questa sua convinzione.
A meno che non sia tutto molto più semplice: il ministro sa di non avere le risorse per il 2010, mette le mani avanti e se la prende con noi anziché con Tremonti. E’ più facile e si fa prima.
venerdì 8 gennaio 2010
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